Lago d’Orta
5 gennaio 2020
In senso "spiraloso" da sinistra: Paolo, Matteo, Andrea, Luigi, Alessandro, Nicola, Marco, Alessandra, Simona, Federica, Gianroberto.
Siamo sul pontile di Buccione, e come vedete dai vestiti, sì, fa davvero freddo. Il programma prevede che esploreremo il lago in modo da essere al punto di partenza prima che il Sole tramonti (tra le 16 e le 17). Con un ritmo tranquillo e una bella pausa pranzo, ecco il percorso che abbiamo compiuto:
Pagaiare! Che bello l’ambiente lacustre. Si scivola lisci sullo specchio dell’acqua calma mattutina. Le uniche trame disegnate sulla superficie sono le scie lasciate dai nostri kayak.
A differenza del fiume, in cui c’è una direzione privilegiata – la corrente – e tutto si disvela piano piano, curva dopo curva, tra le due sponde, qui invece l’orizzonte è aperto, l’occhio può vagare libero, infinite sono le traiettorie. Ci si trova addirittura disorientati dal senso di possibilità.
E così tra pennellate d’artista e sprint di velocità, costeggiamo la riva est – qualche villa isolata nella vegetazione con una barca ormeggiata – fino a giungere a Orta San Giulio, piccola perla sul lago, che sa quasi di Venezia.
Ora di pranzo…
Circumnavigata la penisola di Orta San Giulio, scopriamo una spiaggetta libera ed erbosa nei pressi di Pettenasco. Lo sbarco é d’obbligo: un po’ di stretching e bevande calde. E via, pranzo sia! I canoisti sono famosi per apparire sempre affamati. Dalla colazione sono passate diverse ore e in kayak non è sempre pratico portarsi la parmigiana. I pranzi sono per lo più al sacco, con cibo semplice e nutriente, frutta, panini. Questa volta riusciamo a farci stare anche pizza, piadina e birra presso un baretto vicino. Io rigorosamente acqua... devo mantenermi vigile con il mio equilibrio precario.
Lasciamo il nostro confortevole approdo, senza lasciare traccia del nostro passaggio. Si sa che le canoiste ed i canoisti, amanti della vita all’aria aperta e di sport come l’escursionismo, il ciclismo… hanno un occhio di riguardo per la cura e la salvaguardia del meraviglioso ambiente che li ospita.
Divertimento sulla via del ritorno
Inizia dunque con tranquillità il ritorno, per stare nei tempi decisi. Traghettiamo sulla sponda ovest, sulla quale incombono le prime ombre dalle montagne circostanti. Ci ritroviamo in un paesaggio da libro, dove la vegetazione è di un colore cangiante ed indefinibile, tra il verde, il rosso e l'argento.
Ma a distoglierci dal sogno, ecco l’isola di San Giulio. Qui i più esperti giocano come delfini con le onde create dai traghetti, mentre io e il mio quasi amico equilibrio ce ne stiamo ben alla larga e all’erta come se le onde fossero squali. "Se solo avessi avuto un plasticone" pensavo a tratti… Paura o non paura, devo ammetterlo: l’acqua era meravigliosa e davvero invitante, anche a Gennaio. Cosí invitante, che la nostra temeraria Simona decide di provarla. Con un tuffo magistrale, eccola beata che sguazza nell’approdo di un privato abitante dell’isola, il quale non sembra gradire l’incursione.
Il tempo scivola come acqua tra le dita e arriva l'ora di lasciarci alle spalle l’isola con i suoi sollazzi e il suo monastero di preghiera e silenzio (vale la pena visitarlo). Tutti seguono Simona, che detta un ritmo sfrenato (l’acqua era effettivamente fredda e ora per scaldarsi bisogna pagaiare!) In un soffio siamo già al punto di partenza e quasi alla fine della nostra giornata, colma di stupore. "Ultima follia? Facciamo il bagno anche noi?" si chiedono, poco convinti, alcuni giovani del gruppo. Ma niente da fare, oggi vincono le donne! Evviva!